VIAGGI DI PESCA

 

 

 

La mia America - Alaska Yakutat

Testo e foto di Mauro Maccagnani (Sipadan) Genn. 2011

 

La mia America inizia con un sogno: la pesca dei salmoni.

Dopo mesi di preparazione con un amico parto da Roma, dopo qualche pescata a bass e trote, per un viaggio bello lungo.

Roma – Philadelphia – Seattle con dogana e recupero bagagli a Philadelphia non proprio semplice visto che il mio amico non parla inglese.

A Seattle l’organizzazione si dimostra perfetta, recupero bagagli, telefonata gratuita e un van ci porta in hotel gratis, peccato sia tardi per mangiare.

Alla mattina iter opposto, van che ci porta in aeroporto dopo colazione e imbarco per Yakutat, dove lo formalità sono assai ridotte.

Se in America ho sempre visto formalità imponenti e grossa security qui qualcuno monta la canna in aeroporto e gliela fanno passare, ma da Seattle all’Alaska (alcune ore di volo) sembra equiparato a un bus.

Già l’aereo è per metà passeggeri e per metà cargo, sembrano conoscersi tutti anche con le hostess e imbarcano frigo e bagagli extra size.

Premetto che io ho potuto viaggiare con 23+ 23 kg a persona + 23 kg extra x il materiale da pesca senza limiti di sagoma, bei tempi……

Ma qui si portano di tutto, l’Alaska è la patria della caccia e della pesca, con pesi di 50 kg , ma è un viaggio interno e sembra tutto o quasi lecito.

<ora credo abbiano dato una regola ben più stringente su pesi e security, ultimo viaggio 23 kg in tutto e tante difficoltà con i tubi>

Arriviamo a Yakutat, grande come Granarolo ma con aeroporto internazionale,  e ci assegnano gentilmente il veicolo prenotato, un Ford 350 da nemmeno 6 metri ( L ), con cassone e 4 posti.

E una casetta da 6 camere…..

E siamo in 2, ma qui tutto è fatto in grande.

Avremmo pure una barca ma sono 200 kg che non sposteremo mai e inoltre il fiume è in una piena definita “dangerous” ovvero pericolosa.

E la cosa peggiore è che  senza guida perdiamo tanto tempo anche solo  a reperire una cartina, ne abbiamo per fortuna una piccolissima dall’Italia, quindi se possibile ameno per un paio di giorni prendetevi una guida.

Nb: le mappe si trovano nel 99% dei casi nei drugstore, se no dalla Polizia o dai Ranger se in zona parco vi fosse necessario.

Troviamo subito (uno o due giorni di esplorazione su “strade” dubbie con buche abissali, con consumi da 3 km per litro che impongono due serbatoi sui veicoli) che siamo stati sfortunati, Yakutat è una penisola vicino a ghiacciai con meno di 100 km di strade che vanno nel nulla, non esisteva telefonia cellulare, nessuno sui preoccupa di fornirvi radio o similari e ha 3 piccoli fiumi e uno grande, il Situk.

Il Situk è in piena e i 3 piccoli fiumi hanno finito da un po la risalita dei salmoni.

I salmoni sono i silver (ovvero grossi trotoni da 4 a 8 kg che da argentei diventano rossi e deformi col passare del tempo che passano nel fiume per riprodursi risalendolo) che fino alla fine tirano come bisonti, ma che muoiono tutti a riproduzione finita.

Il periodo di settembre è teoricamente perfetto, ma ilo caldo ha un po’ anticipato le risalite e ora ci sono pochi salmoni.

Il problema è che dovendo prenotare con mesi di anticipo dall'Italia ci vuole fortuna, sono molto più fortunati gli americani che con 3-4 ore sono sul luogo e possono arrivare al momento giusto in basa a una telefonata.

Abbandonata l’idea di poter pescare nei fiumi piccoli, che sono davvero comodi in tanti casi, dobbiamo decidere se affrontare il Situk in piena o provare con uno dei voli aerei già prenotati.

Tentiamo il Situk, che è davvero in piena e in grado di spostare 100 kg di pescatore senza fatica.

Ci sono due posti per pescare, alla foce dove si pesca comodi essendo il fiume larghissimo e basso, oppure al ponte di “ninemiles” ovvero nove miglia e rotti ( 20 km ) dalla città dove è un torrente delle dimensioni del fiume Reno.

Ma in foce sappiamo che i salmoni non ci sono e allora verso il “ninemiles” su una strada che per fortuna dopo un po’ verrà sistemata alla meno peggio, e la percorriamo su un super fuoristrada senza poter correre oltre 50 km/h .

L’accesso al fiume è sempre più complesso quanto più ci si allontana dal ponte, anche per la piena che allaga un bel po di terreno.

Occorre in ogni caso fare rumore, più se ne fa meglio è, perché qui abbondano orsi (e sono grizzly), alci e ogni animale selvatico.

E infatti troviamo in abbondanza aquile testa bianca e lontre, animali che vi assicuro non sono affatto piccoli.

Peschiamo all’inizio dalla riva, con martin del 6, 9, 12 sapendo che occorre pescare con amo singolo e non trattenere oltre 2 pesci a testa al giorno.

Magari avere pure dei 15 o dei modificati pala 9 piombo 15 (detti “Avico” ricordando chi per primo li ha diffusi per le grosse trote in Italia) ma faremo con quel che abbiamo, ovvero con i 9 e i 12, in genere i 12.

I salmoni si vedono, qualcuno argenteo, qualcuno rosso, qualcuno già in fin di vita ma pochi per fortuna.

Armiamo le canne (loomis da salmoni da spinning HSR1012S GL2 8,6” da ¼ a 1e1/4 di potenza in due pezzi, ovvero metri 2,55 x 7- 35 grammi ) con ottimi mulinelli da spinning taglia 4000 con trecciato.

Dai primi esperimenti infatti è chiaro che col nylon del 40 non si pesca, viene trascinata (drena) troppo in corrente, proviamo il trecciato da 15 libbre ma lo si rompe come nulla e cominciamo a pensare che finiremo i cucchiaini.

Quindi passiamo al 30 libbre .

L’uso della frizione è del tutto da escludere…inlamati in bocca i salmoni tirano a folle velocità con frequenti salti indifferenti alla corrente e anche controcorrente e puntano immediatamente verso ostacoli, se inlamati non in bocca la forza è più che raddoppiata.

Il cucchiaino va fatto lavorare opportunamente, per fortuna il mio amico “Doc” parla poco l’inglese ma pesca in tanta acqua  e tanta corrente da tempo e mi insegna il trucco principale, ovvero far arrivare il cucchiaino, lanciato a monte, dritto verso le testa dei pesci fermi e non di traverso al fiume come verrebbe in mente  ai più.

E con una corrente terribile non è affatto facile, ma piano piano capiamo qualcosa.

Appena il salmone mangia (pescando in questo modo il 50% almeno dei salmoni sono presi in bocca con punte dell’80% quando si capisce che i salmoni sono attivi, arrivando a “indovinare” quale prenderemo) si sente una botta terribile e inizia una lotta ricca di puntate, a favore e controcorrente, salti stile delfino, rotolarsi sul pelo dell’acqua fino al momento cruciale dello slamarlo….

Bel problema, infatti una mano tiene la canna, una gira il mulinello e… sono finite.

Infatti occorre bloccare in qualche modo canna e mulinello e prendere il salmone per la coda, bella teoria ma irrealizzabile.

Per fortuna abbiamo il boga che diventa lo strumento principale per bloccare sulla mandibola il pesce e poterlo slamare, qui il pesce dopo muore in ogni caso e importa poco ma in realtà il danno è minimo.

Prossima volta anzi mi procurerò un piccolo raffio fatto ad hoc per ”pungere” il salmone sulla mandibola e tirarlo a riva.

Per dare un’idea un amo dal 2 al 2/0 spesso scompaiono completamente nella mandibola.

Io ho usato ami di tutti i tipi, privati dell’ardiglione, dai circle hook a quelli da carpa a quelli dritti; preferisco quelli dritti perché a volte si aprono consentendoci di salvare l’esca dalle piante o dalla bocca di un salmone irriducibile.

In alternativa… mettere split ring (anellini spaccati) da 15 o 20  libbre facendo sì che siano  i primi a cedere.

Quando tornerò (non se…) mi farò cura di avere almeno 50-100 cucchiaini tra 6, 9,12 e 15 grammi e materiale per realizzarne altri 100!

I motivi per cui si perdono? Alberi su questa o l’altra sponda, tronchi sommersi, alberi in acqua e salmoni che non si fermano (spesso rampinati dall’esterno), costringendo talvolta a tagliare il 30 libbre .

Ricordiamoci una grande scorta di trecciato da 15, 20, 30 libbre se peschiamo salmoni fino a 8 kg , forse 10 con forbici adatte.

Il primo giorno si chiude con pochi pesci portati a riva, gran fatica ma molte cose imparate.

Il pranzo si salta dopo una ricca colazione (in Alaska e USA pagare in contanti è estremamente insolito, si va di carta di credito per pochi dollari) e la cena si fa in uno dei (due) ristoranti del paese, in genere accontentandosi.

In realtà mangiando pesce (il salmone costa poco, qui il re è l’halibut anche per la pesca) o leggendo bene il menù si riesce a mangiare con 40 dollari a testa (nel 2005), gli ambienti sono informali tanto che spesso chi alloggia vicino mangia in waders.

Piccola digressione sul come vestirsi, io ho sempre usato waders in neroprene perché l’acqua erta fredda, stivaletti da wading con suole intercambiabili, tuta in materiale tecnico e giacca in goretex visto che spioviggina ogni tanto.

Le foto con la giacca arancione sono dovute al fatto che era raccomandato vestirsi in colori visibili –oltre a fare rumore- per non sorprendere animali selvatici.

Il giorno dopo, non senza qualche difficoltà, usufruiamo di uno dei voli compresi nel prezzo, con un’organizzazione stile “dammi un passaggio”.

Ci sono 3 o 4 aerei, le gomme sgonfie servono per la sabbia, da 4 a 6 posti che fanno la spola dall’aeroporto a dove si chiede (maledetta non disponibilità di una guida), ci aggreghiamo a 2 locali e dopo un viaggio semplicemente fantastico a bassa quota appena vede una spiaggia ci atterra e ci dice che quando ripassa gli possiamo “far segno” che ci viene a prendere, se no alle 17 cerca chi è ancora in pesca.

E ci lascia con un sibillino ”attenzione alla marea, che qui fa 3 metri col mare calmo” e il mare in effetti è in burrasca.

Altra nota dolente il trasporto attrezzatura, sotto l’aereo in un cassone arrugginito senza alcuna protezione, risultato canne graffiate e mulinelli pure che a me interessa poco ma il Doc vorrebbe uccidere il pilota, si convince solo quando capisce che ci serve per il ritorno infatti siamo a quasi 50 km senza uno straccio di strade.

È il giorno peggiore, la pesca in foce fa schifo, si è in riva al mare e si pesca in un canale fondo 50 cm in cui non c’è un pesce a pagarlo e siamo col patema d’animo per la marea (che non arriverà….).

Il solo posto pescabile a 1 o 2 km è preso e infatti là qualche salmone lo prendono come impareremo al ritorno.

L’unica cosa bella è che peschiamo in mezzo a decine di aquile che divorano i resti dei salmoni che sono passati.

Nel primo pomeriggio infreddoliti decidiamo di tornare con i nostri colleghi americani, facciamo l’aereo stop e ripartiamo incazzatissimi.

Tra l’altro in altre giornate ne hanno fatto a pacchi, 100 e rotti pesci in mattina che tra l’altro loro sfilettano, congelano e portano a casa pescando apposta dove non vale il limite di 2 pesci.

Decidiamo di non usare più l’aereo e i giorni rimasti, salvo un paio di tentativi per vedere se ci sono risalite nuove sui fiumetti (e non le troviamo) e un tentativo su in fiume più lontano in auto (gran successo ma irripetibile perché si arriva shakerati per la strada infame che considerano “mantenuta”….) insistiamo sul nine miles bridge.

E giorno dopo giorno con il calare della piena e una maggior percorribilità dei sentieri che ci fa arrivare 2 km sopra e due sotto il ponte arriviamo fino ad avere in mano 25 salmoni io e 50 il Doc che pesca sempre meglio e ha un fisico da cinghiale.

Infatti è una pesca che esaurisce, se non si prende per la rabbia, essendoci i salmoni e se si prende per la fatica!

Credeteci, vera fatica…

Nel frattempo peschiamo tra gruppi di lontre (a 50 cm da noi), aquile dappertutto, negli spostamenti vediamo pure una grizzly che allatta un orsetto da 100 kg e  svariati alci (sono grandi come un cavallo con le corna..).

Più si riesce ad entrare in acqua più si pesca meglio, si guada a fatica ma si guada, correntoni paurosi che sono adesso placide piane dove si vedono i salmoni che attendono di risalire e come già anticipato si vedono benissimo  quelli che si agitano più degli altri e che sono di norma disposti a mangiare.

Se si arriva bene su questi o mangiano o agitandosi si rampinano.

In certi momenti si prendono per la bocca in altri si rampinano e sono dolori portarli a riva.

Il Doc prova una canna più corta e nervosa e lavora meglio (con queste portate il casting pare da escludere) ma la 7 piedi regge un po e poi essendo in carbonio alto modulo cede clamorosamente, ritorna alla gl2 che è carbonio a basso modulo.

Nel frattempo ogni tanto troviamo compagnia, in Alaska gli americani sono grossi, siamo in una zona dove i locali hanno una forte componente inuit e i turisti pescatori per lo più pescano a mosca….

Che vuol dire in molti casi un piombo da 40 grammi tenuto fermo in corrente o addirittura a scendere, cucchiaini sulla coda di topo, mosche piombate 20 grammi su canne da spinning, canne da casting con crank; un macello insomma gestito da canne e mulinelli da supermercato.

Chi pesca a spinning usa rotanti tipo mepps o vibrax del 6 (mostruosi) con pala allungata e spesso imitazioni di uova attaccate e non hanno grandissima tecnica, con qualcuno parlo e noto che provano a copiarci ma siamo troppo avanti.

Sono persone squisite che ci danno tante info, specie quando in un guado gli recupero 25 cucchiaini che abitavano un ramo, tenuti uno o due dei nostri e un paio dei loro glieli rendo tra pacche sulla spalla che fanno effetto.

Impariamo troppo tardi come usare le barche ma neppure loro si sono fidati a scendere il fiume (sono 35 km…) per pescare dove si ferma la barca.

L’ultimo giorno ci provano due canoisti ma la sera narrano che abbiamo fatto bene a stare sulla riva!

Alla partenza per il ritorno ci troviamo che imbarcano casse con ghiaccio di salmone ( 50 kg a cassa), chi fucili con frigo di cacciagione insomma con 40 kg di bagaglio in due più le canne ci guardano come matti perché non portiamo a casa nulla.

In effetti abbiamo provato ma noi abbiamo 30 ore di volo e i voli successivi peseranno il materiale, non c’è affumicatoi per affumicare quindi torniamo con bei ricordi e  foto.

Che dire di questa esperienza?

La guida serve!

Il posto e bello ma limitato, se si trovano i salmoni sotto nei fiumetti è bello perche si può  cambiare se no è un po monotono con solo un fiume che se in piena è difficile da pescare.

Ultimo problema arrivando tardi abbiamo pescato gli ultimi giorni su un letto “odoroso” di pesci già morti che non è il massimo della vita, ma ripeto che prenotando con tanto anticipo è difficile “indovinare” .

Per Yakutat suggerisco di alloggiare al polar bear lodge dove stanno tutti i pescatori –si fanno due chiacchiere- e di contrattare eventuali voli in loco, sempre che si parli inglese.

Aggiungo due foto

Una rainbow (in realtà è una steel head ma sono molto simili)

E un salmerino

In realtà i fiumi sono quasi senza vita quando non ci sono i salmoni, sul cui ciclo vita morte si mantiene un ecosistema di aquile, lontre, orsi e similari

Rarissimi salmerini e il fiume è uno dei più famosi per le steel head, che raggiungono misure da paura ma si prendono – ad essere bravi – in altre stagioni.

 

Questo è quanto , un saluto a tutti e buona p...ermanenza sul nostro sito.

Mauro Maccagnani (Sipadan)

 

 

 

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