CHI SIAMO...

 

 

 

 

Mario Narducci

L’auto corre veloce sul far del mattino: il luogo da raggiungere è ancora lontano ed il tempo disponibile come al solito è sempre poco. Perché in queste ore antelucane i semafori funzionino lo stesso e soprattutto perché risultino tanto spesso rossi, resterà per sempre un mistero! Così, quando alla fine riesco a posteggiare il mezzo sotto un’imponente quercia, solitaria nell’immensa pianura, l’alba è già trascorsa da un pezzo… Il passo abituato ad essere accelerato e svelto incalza per guadagnare una manciata di istanti e si approssima al fiume, di cui inizio a percepire il respiro lento e maestoso. D’improvviso appare la corrente mentre indugia sorniona fra i piloni del ponte prima di riprendere in velocità il proprio cammino. Ora risplende in una miriade di lucenti riflessi provocati dal sole ancora basso sull’orizzonte, costringendomi ad una sosta contemplativa (necessaria anche per calzare le lenti polarizzate!): l’inizio del giorno rappresenta sempre uno spettacolo straordinario. La cadenza dello spostamento si fa più calma e pensosa: chiudendo gli occhi posso percepire il battito del cuore ed il ritmo del respiro che rallentano. Lo sguardo e la mente si aprono e finalmente riesco a vedere…la macchia di violette cresciute in gruppo all’ombra della robinia, gli arbusti ripariali che si approssimano alla fioritura spandendo già nell’aria le loro penetranti fragranze, un airone cinerino che immobile nella lama d’acqua attende paziente di ghermire la propria preda quotidiana. Luce, tepore, umori, visioni mi sommergono nella loro semplice bellezza: non posso fare a meno di pensare di essere in qualche modo “tornato a casa”, in un ambiente tanto diverso eppure più corrispondente di quello artefatto che ormai ci determina. Il salto di un discreto pesce disegna un grande cerchio sulla liquida superficie, quasi a richiamare il motivo per cui sono giunto fin qui. Tuttavia la fretta iniziale si è ormai del tutto dissolta e montando con studiata lentezza l’attrezzatura so di aver già raggiunto un’appagante soddisfazione. Gli incauti pinnuti che oggi avessero la ventura di cedere alle mie insidie non hanno nulla da temere: torneranno tutti alle sicure linfe che ora li ospitano…

Forse il segreto dello spinning è tutto qui: un modo di concepire la pesca più adatto di altri all’incontro libero con l’ambiente naturale, che ci mette in grado di meglio percepirne e gustarne la positività. Il primo che da ragazzino (era la metà degli anni ’70) mi ha fatto balenare nella mente questa possibilità è stato (come del resto per molti altri) Giandomenico Bocchi coi suoi fascinosi scritti su “Pescare”. Non ho pertanto nessuna remora nel riconoscermi innanzitutto e principalmente a lui debitore per l’esperienza maturata negli anni. Essa infatti si è rivolta di preferenza alle acque correnti con particolare riferimento al basso corso dei fiumi, laddove il popolamento ittico raggiunge il massimo della variabilità nelle specie presenti e nelle taglie raggiunte.

Non mi sono poi sottratto alle conseguenze degli sconvolgimenti biologici avvenuti nel tempo con l’introduzione di tanti, troppi, pesci di origine danubiana (siluro in testa ma anche perca, aspio, barbo europeo, ido…), in particolare maturando a partire dai miei stessi errori (alla metà degli anni ’80 non c’era nessuno da seguire, quando addirittura taluni mettevano in dubbio la possibilità stessa di catturare siluri con gli artificiali!) modalità di insidia del siluro a spinning (sapete chi ha suggerito per primo alla ditta Simplex di montare in doppio gli ondulanti a partire dai classici Ardito 30 gr. o preferire tinte “fluo”?).

Tuttavia non svelerei tutta la verità sulla mia esperienza umana e tecnica di lanciatore se non  parlassi dello Spinning Club Italia. Essendo iscritto dal ‘92, non ne sono certo stato uno dei fondatori, però confesso di averne subito condiviso profondamente finalità e  metodi, tanto che dieci anni fa con un gruppo di amici ho contribuito a costituirne la sezione lodigiana. Molte sono le iniziative in campo associativo e divulgativo che in questo ormai lungo lasso di tempo abbiamo sviluppato, ma una fra esse mi preme in special modo raccontare: il cosiddetto “Progetto Marmorata” che in collaborazione con le Province di Lodi e Cremona e gli Enti gestori delle acque dell’Adda sublacuale, vede il nostro gruppo spendersi per la salvaguardia di questo importante endemismo. E’ per me l’esempio più felice di come, unendosi, si possa incidere a favore del concreto miglioramento dell’ambiente. Si è trattato in fondo della sorpresa di vedere ribaltato lo stereotipo che considera il lanciatore come un pescatore solitario, capace per questo di godere solo intime soddisfazioni dalla propria attività. Al contrario l’amicizia nata nel Club ha rappresentato il presupposto per una comune e quasi sorprendente crescita tecnica e la possibilità –come anche sopra dettagliato- di poter intervenire in maniera attiva nella difesa dell’ecosistema acquatico di nostro interesse. Provare per credere…

                              Mario Narducci

                           

 

 

 

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