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Il “Carolina rigging” – magica sonorità…
Testo e foto di Loris Ferrari, Americo Rocchi e Giorgio Gricia (01/ 04) Una
delle tecniche americane più snobbate dai lanciatori italiani è sicuramente
quella del Carolina Rigging. Descrivendola
sommariamente con semplicità, potremmo dire che si tratta di una particolare piombatura da mettere davanti all’esca,
per fare stare l’artificiale più a contatto con il fondo, composta solitamente
da un piombo a campana in metallo. A
questa montatura sono state aggiunte alcune palline metalliche, perline
o vetrini, per conferire al tutto una sonorità particolare, capace a
detta degli utilizzatori di far convergere il pesce verso l’esca, attirato dai
suoni emessi dagli elementi che sbattono fra loro e, forse, anche dai bagliori
emanati dalle sfaccettature delle perline, durante il recupero. Con
il tempo sono poi state create tutta una serie di varianti, sia nella forma che
nei materiali impiegati per risolvere particolari problemi, ad esempio quello
degli incagli durante l’impiego in fondali particolarmente irti di ostacoli. A
titolo di esempio elencheremo i Rattlin’
Carolina Sinkers una sorta di “temolino” a forma di banana, contenente
all’interno della sua cavità delle sferette metalliche che provocano rumori,
tintinnando fra loro. Non li abbiamo ancora personalmente usati, ma riteniamo siano concettualmente validi per l’impiego in zone ricche di ostacoli quali rocce o rami sul fondo. Cominciamo subito col dire che a noi piace molto il sistema “carolina”, perché permette spesso in situazioni particolarmente difficili, con pesce apatico e diffidente, di risolvere a nostro favore la battuta di pesca. In presenza di acque fortemente opache, la rumorosità del sistema permette di incuriosire e convogliare i pesci verso l’esca, aumentando notevolmente le abboccate e di conseguenza la percentuale di catture. Perché non è
molto usato in Italia: Come
tutti i sistemi che prevedono l’utilizzo di “zavorra” davanti all’artificiale, anche questo sistema è malvisto dalla
maggioranza dei lanciatori italici, poiché si ritiene che in questo modo si perda in sensibilità e contatto con
l’esca. Ci
sono invece situazioni che obbligano al loro utilizzo, ci vengono subito in
mente la pesca alla Cheppia in fiumi
e canali di grandi dimensioni, come il Canalbianco o la pesca a spinning al Muggine nelle foci (ad es. dell’Arno
pisano). Qui
la zavorra è davvero d’obbligo per riuscire a raggiungere le vene di corrente
migliori, in modo da raggiungere i fitti branchi di pesce provenienti dal mare,
che risalgono le foci per le loro migrazioni. Per
non parlare poi della pesca al Bass
ed al Luccio, quando questi sono
particolarmente restii ad abboccare ai sistemi tradizionali e conosciuti,
rimanendo fermi ed apatici nei pressi del fondale. Tutta
ancora da scoprire per noi è poi la pesca rivolta ai Lucioperca, agli Aspi ed
ai Siluri, anche se siamo quasi
certi della validità del sistema, poiché si effettua quasi sempre in acque moderatamente
o fortemente inquinate, dalla scarsa od assente visibilità. Ci
è facile ed intuitivo pensare che solamente una forte attrazione sonora come quella generata dall’impiego del Carolina, porti nelle vicinanze
dell’esca questi predatori alloctoni e li spinga all’attacco. Viene
immediatamente da pensare alla curiosità dimostrata dal Siluro per tutto quello
che riguarda i suoni, tant’è che è stato inventato dai pescatori dell’est,
espressamente per lui, il Clonk, una
sorta di attrezzo ligneo, con il quale si batte la superficie dell’acqua in
modo da provocare rumori che
attirano il predatore, facendolo risalire persino dalle profonde fosse in cui
vive, nei grandi fiumi come il Po. Crediamo
proprio che, con queste montature che
sprigionano suoni, andranno fatti appositi ed approfonditi esperimenti per
cercare di confermare queste ipotesi. La
curiosità è comunque caratteristica acquisita da tutti i predatori;
evidentemente nel loro codice genetico, questa particolare attenzione per tutto
quello che fa rumore e succede in acqua, ha permesso loro di approfittare di
grosse opportunità alimentari. Ci
basti pensare ad un uccello, un roditore, un rettile o un anfibio che cadano in
acqua ed anche solamente ad un grosso insetto… tutti animali che nel tentativo
di ritornare sulla terraferma od a librarsi nuovamente nell’aria, provocano rumori, sciacquii, fremiti e vibrazioni
in grado di far accorrere e risalire dalle profondità tutti i predatori ittici
a noi conosciuti. La
montatura Carolina mi immagino possa contribuire proprio a questo; far
interrogare il pesce sull’eventuale opportunità di procurarsi facilmente un
pasto, da lì a risalire fino alla fonte sonora, il passo è breve...come pure
sarà un tutt’uno accorgersi che lì vicino uno strano essere “nuota” e si muove
goffamente... la nostra esca! La montatura
classica : Ma
ora vediamo in dettaglio in cosa consiste questa montatura; come presto vedrete
è molto semplice realizzarla, come quasi tutte le idee che arrivano dagli
U.S.A. Vi
basterà infilare sul filo che proviene dal mulinello, uno degli appositi piombi a campana a
base concava, ideati per questa pesca ; si trovano in diversi materiali: - piombo: è il materiale
più morbido e che genera rumori più soft; - ottone:
il classico piombo dorato da carolina , più duro del piombo, genera un rumore più forte; - tungsteno:
abbina una maggior durezza del materiale ad una superiore sonorità. A parità di
peso, ha un volume del 25% inferiore
al nomale pombo. Il peso andrà scelto in base alla profondità da raggiungere ed alla distanza in cui vorremo arrivare con la nostra esca. I
pesi generalmente in commercio vanno da: ¼
oz (7 grammi) – 3/8 oz (10,5 grammi)– ½
oz (14 grammi) - ¾ oz
(21 grammi) - 1 oz (28 grammi); generalmente si usano soprattutto le ultime tre
grammature. Dopo
il piombo metteremo un paio di perline
in plastica ( Plastic beads), in
vetro (glass beads) o in metallo
(metal beads), generalmente ottone o nichel. Le
perline potranno poi essere tonde
(rounds) o sfaccettate (faceted),
nei tre colori: rosso scarlatto, trasparente o nere, anche se non crediamo che
il loro colore possa influire più di tanto. Alla
fine delle due perline potremo magari infilare un cilindretto metallico (ticker ) e poi legarci la girella o direttamente quest’ultima. Dall’altro
anello della girella andrà legato il finale in nylon, fluorocarbon o
trecciato, lungo dai 50 cm al metro e poco più, alla cui estremità andrà
legata la nostra esca. Opteremo per un terminale lungo nei seguenti casi: -
in acque limpide
onde evitare di insospettire i pesci con la presenza del voluminoso piombo e
per dare più mobilità e naturalezza all’esca; -
in zone sgombre da ostacoli, come ad es. alberi sommersi, in quanto un finale lungo
avrebbe maggiori possibilità di attorcigliarsi su qualche ramo; -
in fondali inerbati in quanto
l’esca per essere più visibile dovrà fluttuare al di sopra dell’ erbaio stesso.
Un
finale corto invece sarà più funzionale
quando ci troveremo in situazioni opposte a quelle sopra descritte e nei casi
in cui reputiamo necessario tenere l’esca più a stretto contatto con il fondo. Un
altro punto che influenza la nostra presentazione è il materiale in cui è composto il finale. Il
fluorocarbon garantirà un’elevata
invisibilità e migliore sensibilità rispetto al nylon, però esso contribuirà all’affondamento dell’esca in virtù
del suo peso specifico superiore a quello del comune monofilo, per cui dovremo
tenerne conto se opteremo per una presentazione dell’ esca sospesa sul fondo. Il classico nylon, specie se di diametro elevato, al contrario agevolerà il galleggiamento dell’esca. Quando
invece parliamo di Lucci, sarà buona norma mettere sempre prima dell’esca, un
buon cavetto d’acciaio per
preservarci dalle sgradite sorprese, prodotte dagli acuminati denti degli
esocidi. In questo caso sarebbe preferibile optare per un cavetto più sottile e flessibile in modo da non togliere naturalezza all’esca. Personalmente consigliamo di non andare oltre i 6/7kg di carico di rottura, se non frequentiamo acque dove è certa la presenza dei colossi della specie. Per
questa variante del Carolina abbiamo trovato ottimi i grossi tubes da flipping
e le cosiddette “creatures”,
voluminose esche in gomma dotate di zampe, gonnellini e flaps, che riescono a fluttuare bene anche se gravate dal peso del cavetto. Da
non trascurare poi gli antichi ma sempre validissimi minnows galleggianti, monopezzo ma soprattutto snodati. Le esche : La
scelta delle esche è molto vasta. Le
più usate per tale tecnica, rivolta al Bass, sono i vermoni in gomma, a coda
dritta e non, le salamandre, le french fries (specie di vermoni cilindrici con
la superficie zigrinata o coperta di piccole protuberanze), i tubes, i soft
jerkbaits, i gamberi, le già citate “creatures” e per i lucci anche i grossi
shad in gomma. Al
limite una scelta può essere fatta in base al
grado di attività dei pesci; se questi sono attivi, saranno preferibili esche che emettano molte vibrazioni come le creatures, le salamandre e i vermoni a
coda arricciata. Al
contrario, di fronte a pesci apatici
, è meglio ricorrere ad esche più
discrete, come i tubes, i vermoni a coda dritta, i paddle tail, le french fries
ed i soft jerkbaits. Una volta montata l’esca ritenuta più adatta,
è buona norma osservare, lanciando prima vicino a noi, come essa si comporti in
acqua, specie durante le pause tra uno
strappo e l’altro, in quanto il filo e l’amo possono modificarne il
movimento anche in maniera sostanziale. Nel
caso in cui si decida di usare esche
piuttosto piccole, ad esempio pescando in acque molto limpide e pesci super
disturbati dai pescatori, bisognerà optare per ami leggeri che non le facciano affondare in maniera
innaturale e piombi Carolina al tungsteno per contenere al massimo il volume
complessivo. Le altre
montature : Esistono
poi alcune varianti di utilizzo, ne usiamo normalmente altre due, la prima
denominata Carolina Shortcut rigging,
racchiude tutto il sistema in un pezzetto di acciaio inox lungo alcuni
centimetri. In
sostanza non è altro che tutto il sistema Carolina, assemblato sopra ad un
pezzetto di acciaio terminante in alto da un anello dove si lega il filo che va
al mulinello ed in basso da una girella a cui andrà legato il finale con
l’esca. E’
molto comodo e veloce da mettere e togliere, ne abbiamo sempre pronti alcuni
nel box delle minuterie e li portiamo sempre con noi ad ogni battuta di pesca. Se
ci troviamo nella situazione di dover far arrivare un’esca più lontana, perché
magari il pesce ha saltato in una zona inaccessibile ai normali lanci, invece
di mettere un’oliva di piombo e basta, preferiamo sempre mettere questa
montatura. Otteniamo
così due scopi, riusciamo ad arrivare alla distanza voluta e stimoliamo il
pesce con le sonorità del Carolina! L’altro
vantaggio del sistema è quello che il movimento del piombo, andando su e giù su
un pezzetto di acciaio, non incide
minimamente il monofilo od il trecciato, evitando spiacevoli rotture dello
stesso, magari durante un lungo lancio, con conseguente perdita anche di una
costosa esca. L’altra
montatura che utilizziamo, serve in acque popolate dagli esocidi ed è la Carolina Clacker Rigs, non è altro che
il sistema carolina inserito dentro ad una trentina di centimetri di robusto
cavetto d’acciaio. Anche
questa montatura, permette di ottenere due scopi: allungare notevolmente il
lancio dell’esca e produrre interessanti sonorità in grado di risvegliare gli
istinti predatori anche all’esocide più apatico. Generalmente
si utilizza in tutti quegli artificiali che hanno un peso ridotto ed hanno
bisogno di una zavorra vicina che li porti rapidamente nelle zone calde. Mi
riferisco in particolare agli shad siliconici od alle altre esche di questa
grande famiglia come le salamandre (lizard), i gamberi (craw) ed i fluttuanti e
micidiali tubes. Come si impiega
la montatura : L’impiego
ad inizio battuta : E’
uno dei sistemi più efficaci di ricerca
del pesce; permette infatti di sondare velocemente ampi tratti di sponda,
alla ricerca del pesce attivo. Vi
basterà mettere a fine lenza un Jig abbinato ad un trailer in cotenna, un
siliconico come una salamandra o un gambero, oppure anche un semplice worm a
coda piatta (paddle tail) e lanciare la montatura a raggiera, con recuperi a strappetti, alternati a ampi
rilasci e saliscendi veloci ed altalenanti in prossimità del fondo. Se
i recuperi sono stati fatti ad arte, i “rattle
sonori” generati dalla montatura, non tarderanno a fare il loro dovere ed
in poco tempo riuscirete ad avvertire le prime abboccate, individuando la zona
di maggiore attività dei pinnuti. Una
volta trovata la zona buona, ovvero dopo aver avuto le prime abboccate (anche
se non si sono concluse con una cattura) è ovvio che potrete recuperare anche
altri tipi di esche, fino a trovare quella che in quel momento è maggiormente
redditizia. E’
infatti una tecnica da provare per prima
quando si arriva in un’acqua nuova e non si conosce ancora le zone di maggiore
interesse, quelle in cui poi concentreremo i nostri lanci nelle sessioni
future. Assieme
ai crank bait ed agli spinnerbait, le montature Carolina
permettono di sondare tanta acqua in
poco tempo, svelandoci spesso l’umore dei pesci in quel momento. E’
una tecnica valida in quasi tutte le
stagioni, andando a pesca vi
accorgerete quasi subito che le sonorità del Carolina attirano spessissimo
anche i Lucci, soprattutto quando recuperate le vostre esche in prossimità del
fondo. L’impiego
a traina : E’
successo assolutamente per caso, dimenticandoci la montatura durante uno
spostamento in barca fra una zona e l’altra del lago, mentre eravamo a lucci avevamo
lasciato, come facciamo spesso, una canna a traina con attaccato un grosso
minnows. In
rapida sequenza avevano abboccato tre lucci, poi ci eravamo accorti del
perché…era rimasta attaccata la campana di ottone del Carolina e…magicamente,
le abboccate erano iniziate all’improvviso! Malgrado
il veloce movimento del motore elettrico, la sorda sonorità della montatura,
faceva risalire dal fondo i lucci che venivano ad attaccare il minnows trainato
a mezz’acqua. Ci
siamo accorti che l’abbinamento esca
grossa + richiamo sonoro, permette di stanare grossi esocidi dalle
profondità più remote. Adottando
piombi carolina di buon peso è possibile far arrivare esche voluminose
galleggianti quali grossi shad (ad es. il super
shad rap della Rapala), fino a 7 – 8 metri ed oltre, riuscendo ad
interessare pesci che mai saremmo riusciti a far smuovere. Queste
profondità ovviamente, si ottengono quando siamo fermi su di uno spot
interessante. Profondità
meno accentuate, ma comunque interessanti, si ottengono mentre trainiamo lo
stesso binomio con il motore elettrico, spostandoci da uno spot all’altro. Se
frequentate acque particolarmente profonde potrete provare anche il Super shad
rap Countdown, affondante della Rapala,
(14 cm. per 71 grammi di peso). Potremo
comunque attirare grossi pesci, grazie alle forti oscillazioni laterali
dell’esca, agli scarti che la stessa compie trainata dal motore elettrico e
tirata verso il basso dal piombo Carolina. In
questo modo si riescono a produrre “colpi
e suoni sordi” udibili da molto lontano. Rimane
ovvio che anche noi non dovremo rimanere passivi, ogni tanto… spesso, alzeremo
rapidamente la canna dall’acqua con il braccio per almeno un mezzo metro e la riporteremo
nella posizione iniziale, dopo aver dato alcuni colpi ritmati, per agevolare la
produzione dei suoni e per rendere il recupero più vario ed adescante. Da
allora anche questo impiego “anomalo” del sistema è stato da noi adottato…lo
consigliamo caldamente anche a voi. La manovra
dell’otto : L’ultimo
trucco pescando dalla barca, ma non meno importante, è quello di eseguire la manovra dell’otto sotto al natante
prima di estrarre dall’acqua l’artificiale. Ci
spieghiamo meglio, una volta arrivati al nuovo spot, dove pescheremo da fermi,
ricordiamoci di eseguire questa semplice ed efficace manovra, prima di estrarre
dall’acqua ogni artificiale. Accade
infatti spessissimo pescando i lucci, che questi seguano l’artificiale fino
alla nostra barca, senza decidersi ad abboccare, li vediamo quando all’ultimo
istante girano la coda e se ne vanno sdegnati di nuovo nel profondo. E’
un gran rammarico quando sono grossi esemplari, quella scena del luccio apparso
all’improvviso quasi dal nulla e poi che scompare veloce di nuovo nelle acque
profonde, non ce la scorderemo più. A
volte, all’ultimo istante, abboccano
fragorosamente proprio sulla superficie, ma sia l’emozione nostra per la
improvvisa vista dell’esocide, sia la sua abboccata frettolosa, spesso ci fanno
sbagliare la ferrata, facendoci perdere un esemplare che avrebbe potuto
salvarci la giornata. In
alcuni casi ci è capitato addirittura di vedere saltare il luccio con le fauci
aperte ed il testone fuor d’acqua nel vano tentativo di afferrare all’ultimo
istante la nostra esca. Dopo
le immancabili imprecazioni di rito, la solita frase “…porca, per un attimo…” e
allora, perché non concedere ai lucci questi benedetti attimi in più? I
professionisti della pesca al luccio, dopo aver vissuto sulla loro pelle tante
volte queste delusioni, hanno risolto spesso il problema apprendendo una
fondamentale tecnica, che permette appunto di far rimanere maggiormente in
acqua l’artificiale; la manovra
dell’otto. Vi
consigliamo di mentalizzarla e di ripeterla appena se ne presenterà
l’occasione, ossia alla fine di quasi tutti i recuperi, vedrete che le catture
di esocidi aumenteranno sensibilmente. Invece di estrarre subito dall’acqua l’artificiale, con la punta della canna dovremo eseguire una figura, come a disegnare la forma dell’otto, in questo modo: 1) Recuperiamo l’artificiale negli ultimi metri dritto verso di noi, a canna bassa, rimanendo un po’ verso sinistra ed iniziamo a fare la figura dell’otto, partendo dall’alto ed arrivando a fine curva vicino alla barca 2) Tenendo l’artificiale in acqua, andiamo verso destra, paralleli per un tratto allo scafo dell’imbarcazione 3) a fine corsa, spostiamo il braccio verso l’alto, continuando il disegno dell’otto, fin quanto ci è possibile 4) arrivati alla curvatura, scendiamo con la canna di nuovo verso la barca ed eseguiamo il recupero in senso inverso, fino a completare appunto la figura. Ovviamente, tutta la figura è necessaria solamente in caso di mancanza di abboccata; se malgrado l’esecuzione della manovra non accade nulla, recuperate pure l’esca e lanciate di nuovo. In acque opache potremo anche tenere la canna quasi completamente immersa in acqua, parallela allo scafo, mentre tale accorgimento ci sentiamo di sconsigliarlo in acque limpide, per non essere visti e spaventare anzitempo l’esocide. Non trascurate questa semplice figura poiché ci sono giornate intere che i pesci seguono l’esca senza decidersi ad abboccare, a volte è la sola chiave giusta per arrivare a prendere pesci. Pensate che questa apparente semplice tecnica permette di far catturare oltre il 70% dei mastodontici muskye americani! Noi l’abbiamo appresa alcuni anni or sono da una guida in Irlanda, ed ora la usiamo regolarmente in tutte le uscite in barca. Un’ultima e non secondaria raccomandazione: quando eseguite la manovra evitate di avere meno di un metro di filo fuori, fra l’esca e la punta della canna. Nel caso abboccasse un bel pescione ciò vi consentirà una migliore ferrata ed un controllo adeguato all’immediata rabbiosa partenza del pesce allamato. La frizione nei mulinelli da casting o a bobina fissa, dovrà assolutamente essere tarata al punto giusto. Per chi non la usa, preferendo disinserire l’antiritorno del bobina fissa, consigliamo di frenare la veloce fuga iniziale del pesce con l’indice della mano destra, premuto sul bordo della bobina e solamente successivamente, dopo che il pesce si sia preso almeno una decina di metri di filo, riprendere in mano la manovella ed iniziare la lotta. Ovviamente queste ultime indicazioni sono valide solamente in caso di acque non eccessivamente irte di ostacoli. In quest’ultimi ambienti invece, l’unica arma in nostro possesso, rimane quella di sovradimensionare l’attrezzatura, partendo dalla canna, fino ad arrivare al grosso trecciato, al cavetto dalla notevole sezione ed all’esca robusta con ami ed ancorette a tutta prova. Il grosso luccio punterà direttamente verso il più vicino ostacolo, infilandosi prontamente dentro all’intrico più fitto possibile. Se saremo capaci a tenerlo di forza, con l’aiuto dell’attrezzatura, si produrrà in capriole e salti fuor d’acqua e schizzi notevoli, ma riusciremo, se ben allamato, a condurre la lotta nei pochi spazi che lo consentono, riuscendo ad averne ragione. L’impiego del
Carolina a fine battuta : Quando ci si imbatte in giornate con pesce apatico, indipendentemente dalla stagione, e che non ne vuole assolutamente sapere di abboccare a nessun gruppo di artificiali, può essere giunto il momento di impiegare la montatura Carolina. Stavolta
però non sfruttandola con lanci a raggiera, ma a flipping e pitching nei
posti più infrascati, con continui e numerosi saliscendi nelle zone che
reputiamo più produttive in base alla nostra esperienza od in base al nostro
senso dell’acqua. A
titolo di esempio citiamo i folti canneti dopo un grosso temporale, quando i
bass si fermano in branchi, in attesa del ripristino delle ottimali condizioni
climatiche; oppure nelle sponde battute dal vento, ma senza alcuna attività
superficiale di alcun genere; ai piedi di grossi tronchi caduti in acqua… Più
di una volta è infatti successo che solamente in questo modo si è riusciti ad
avvertire l’unica abboccata della
giornata… ma erano quasi tutti pesci da foto ricordo! Il
finale da impiegarsi può essere anche più corto, o proprio non esserci,
preferendo una delle già citate montature Carolina shortcut, ma soprattutto l’esca va scelta fra quelle maggiormente antialga in nostro possesso. Se
le acque ospitano anche Lucci, sarà preferibile optare per le montature Carolina Clacker Rigs, formate da
cavetti d’acciaio, per avere un buon margine di sicurezza in caso di attacco da
parte degli esocidi. Può
essere l’unico sistema che fa
perdere la pazienza al pesce, producendo un feroce attacco alla nostra esca che
gli ballonzola davanti. Il pesce molto probabilmente cerca di porre fine,
attaccandolo, ad un essere che porta confusione e rumore nel suo territorio,
turbando la quiete nella comunità ittica. L’
abboccata può essere in questi casi una
sola, ma può permetterci di salpare un grosso esemplare, in una giornata
fino a quel momento assolutamente improduttiva! E’
ormai successo talmente tante volte, che ora, prima di darci per vinti, tiriamo
fuori la magica campana di metallo, le
perline… e proviamo comunque anche
questo sistema, prima di arrenderci al deludente cappotto. Molto
spesso, il Carolina fa tornare il sorriso e fa splendere di nuovo il sole anche
in una giornata di fitte nubi cupe…a buon intenditor… Loris, Americo & Giorgio
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