ARTIFICIALI & Co |
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Top Frog in Kayak: il salto della rana La
vita è un succedersi di avvenimenti che s’intrecciano, si allontanano
per poi tornare inesorabilmente come orbite di pianeti nella nostra
esistenza. Infatti, ognuno di noi, per quanto sia dirottato dagli
eventi, seguirà la propria natura negli aspetti più atavici e
profondi. Questo
è quanto è successo anche a me. Sin da bambino, pur essendo nato e
cresciuto in un luogo dove gabbiani e salsedine non erano certo di casa,
come molti ero attratto dall'ambiente acquatico e da tutto quello che ci
galleggiava sopra e ci nuotava sotto. Il
destino volle, che la pazienza e l'impegno del padre di un amico
d'infanzia nonché compagno di pesca, portassero a nuova vita una
piccola barca la cui progettazione, dubito avesse contemplato l'utilizzo
delle leggi dell'idrodinamica. Ma per noi due, novelli capitani di
ventura, era il più bello dei vascelli e un piccolo lago, un oceano
infinito da conquistare. Passarono gli anni e per una serie di
circostanze, venni in possesso di un kayak (allora pensavo fosse una
canoa), che ben si prestava alla navigazione fluviale ma poco
all'attività di pesca. Un
paio d’anni fa infine, vidi un video di pesca con il kayak in mare e
memore delle difficoltà che avevo avuto con la precedente esperienza,
decisi di approfondire l’argomento. Il web mi aiutò molto a chiarire
i concetti base quali ad esempio la differenza tra canoa e kayak, e tra
kayak e kayak secondo la tipologia costruttiva in base all’utilizzo al
quale è destinato. A fugare ogni mio dubbio, fu la visita ad una
importante realtà di vendita ed assistenza al settore canoistico che
opera a pochi chilometri da dove vivo. Quanto avevo letto nei siti
d’oltreoceano e nei primi siti italiani della pesca in kayak, mi fu
confermato dalle competenti informazioni ricevute da uno dei titolari il
quale, oltre ai modelli nuovi specifici da pesca, mi propose
un’occasione di un kayak usato dell’Hobie, famosa azienda
californiana, che oltre ad essere stato ben fornito di accessori, dalla
sua aveva la qualità indiscussa dei materiali e uno stato di
conservazione pari al nuovo. La settimana dopo la “strana cosa”,
faceva bella mostra di sé nel garage di casa in attesa del varo in un
fiume della zona. Vediamo
ora, senza entrare troppo nel tecnico, quali sono le caratteristiche di
questa innovativa imbarcazione. Il kayak da pesca è un S.O.T. (sit-on-top),
cioè ci si sta letteralmente seduti sopra contrariamente a quelli di
classica concezione in cui si “entra” nell’imbarcazione e si è un
tutt’uno con essa. Abbiamo
a che fare quindi, con un mezzo più largo, decisamente di più facile
accesso e più sicuro come approccio anche per un principiante. La
stabilità è la caratteristica principale di questi mezzi perché
quando si è in pesca (non dimentichiamoci che sono nati per la pesca in
mare e traina), avere la sensazione di sentirsi sicuri e a proprio agio,
è fondamentale. Generalmente
sono dotati di uno o più gavoni stagni, dove riporre l’attrezzatura
oltre ad avere numerosi spazi per
cose da tenere a disposizione. Si possono inoltre accessoriare con
carrellino per trasporto (indispensabile), porta canne, ancora,
ecoscandaglio e tutto quello che può servire per la navigazione e la
pesca. Un po’ di misure:
direi di non scendere sotto i quattro metri di lunghezza (in mare meglio
più lungo), 60-70 centimetri di larghezza e il peso va dai 20 ai 30 kg.
ed oltre. Punti
a sfavore del kayak da pesca possono essere il peso appunto e le
dimensioni che soprattutto inizialmente, ci daranno qualche difficoltà
nel gestire la cosa nel trasporto e in fase di varo alaggio. Altro fatto
da considerare è il prezzo d’acquisto che per un buon kayak va dai
500-700 euro ed oltre, ai quali dobbiamo aggiungere eventuali accessori,
barre da trasporto e quant’altro. Ma vi posso assicurare che le
sensazioni che si provano in pesca ripagano dai condivisibili dubbi
iniziali. Bastano pochi centimetri (veramente pochi) d’acqua per
oltrepassare ostacoli, fitti erbai o ninfee, dove
nessun altro mezzo potrebbe arrivare e sentirsi trainare dal
pesce appena ferrato…. troppo bello. Spero che questa breve clip
con uno dei primi prototipi di rana, possa rendervi l’idea.
Grazie
al kayak, una sera di circa un anno fa, trovai un sito che parlava di
kayak e di pesca con rane auto costruite dal curatore del sito stesso:
il capitano Ken Daubert. Ebbi un proficuo
scambio di mail, nelle quali Ken mi
confermava il notevole successo che la pesca a frog riscuote negli
States e l’interesse crescente sia in Italia sia in Francia. Pescando
già con rane commerciali che per svariati motivi non mi soddisfacevano
appieno, nacque spontanea l’idea, di realizzare qualcosa
d’innovativo da proporre ai nostri amici pinnuti. Dopo le prime prove
con applicazioni di “gambe” su rane acquistate e viste le positive
reazioni dei pesci, conclusi senz’altro, che la gomma siliconica
potesse fare al caso mio. La
scelta del materiale per realizzare il master , è caduta sul foam e
quindi armato di simil Dremel, ho iniziato a dare forma a qualcosa che
assomigliasse ai gracidanti anfibi ed ecco il risultato. Dal
master, ho realizzato lo stampo monovalva della rana e quello delle
gambe a cielo aperto: Ora
restava “solo” da capire come far galleggiare e tenere nel giusto
assetto l’artificiale, come applicare l’armatura,
come e dove
assicurare le gambe e rendere il tutto
facilmente replicabile ed Dopo
tentativi di realizzare due semigusci e poi incollarli o di svuotare la
rana e dopo essermi scervellato su altre soluzioni possibili per farla
galleggiare e tutto il resto, una sera mi resi conto che la soluzione
per risolvere contemporaneamente tutti i problemi descritti, era lì
davanti a me, ma letteralmente davanti a me. Infatti, tenevo il master
della rana sopra al banco di lavoro e il master è in foam…. Realizzando
una sagoma che potesse stare all’interno dello stampo, avevo a
disposizione l’elemento per la galleggiabilità, un supporto per
inserire l’armatura e una base per assicurare con una graffetta (filo
di acciaio piegato a U) le gambe. Incollando una lamina di piombo di
circa 2 grammi sulla “pancia” della sagoma, avevo risolto anche
l’assetto così che la rana dopo l’entrata in acqua, si dispone nel
giusto verso. Ecco le immagini:
Per
il resto la realizzazione è abbastanza semplice e intuitiva: gomma
siliconica con uno shore più alto delle gomme convenzionali da colare
in due tempi per posizionare la sagoma di foam all’interno dello
stampo, microsfere di vetro per aumentare eventualmente la
galleggiabilità, sale oltre a colori da colata. Per la colorazione
post-colata, come sapete i derivati siliconici sono brutte gatte da
pelare. Personalmente sgrasso con un prodotto usato nella nautica e
preparo la rana con un
aggrappante e, dopo aver provato diversi tipi
di colori, la soluzione che ha dato migliori risultati, è
l’uso di vernici apposite per siliconici. Finisco
con un leggero velo di vernice per plastica usata in ambiente di
modellismo militare. Ultimamente
ho realizzato un altro stampo per le zampe che ho reso un po’ più
grandi per avere un movimento più flessuoso e ampio anche nei piccoli
richiami. Alcune
realizzazioni di rane:
Avrete
senz’altro notato, che l’artificiale in questione fa da trailer ed
è quindi inserito sull’amo, tramite l’occhiello dell’armatura,
reso opportunamente antialga. Dopo aver provato come antialga la tecnica
“dell’elastico”(fornitomi gentilmente dal mio dentista)
adottata dal capitano, sono passato a quanto suggerito in più
occasioni da Loris perché decisamente più “solido”. Nel senso che
al momento del lancio o durante il recupero nelle cover, vi è un’alta
possibilità che l’elastico stesso si stacchi dall’ardiglione. Un
pezzetto di tubicino di silicone inoltre, farà in modo che la rana non
si sfili dall’amo. Vari
tipi di ami con differenti sistemi antialga a seconda dello spot di
pesca. I primi tre da destra sono adatti al luccio nelle misure del
3/0-4/0 (il terzo è un’amo della Eagles Claw con antialga di serie
mod. 151W), gli ultimi due adatti a bass. Il secondo e il quarto, sono
ami della Lake Fork serie 3204 opportunamente modificati. Vediamo
ora di riassumere le caratteristiche dell’artificiale:
Per
concludere, ringraziamenti dovuti a Ken Daubert per le sue frog dalle
quali ho tratto umilmente ispirazione per le mie; un grazie a tutti gli
amici della nuova realtà associativa di pesca a spinning della
provincia di Venezia il Venice
Spinning Team dai quali, oltre ad aver imparato tanto, ho
ricevuto in dono la loro amicizia. Un grazie sentito anche a Loris (ad
Adriano per il materiale fornitomi e i preziosi suggerimenti) e a tutti
voi che con i vostri competenti interventi sul forum, rendete questo
sito di autocostruzioni, interessante e coinvolgente. Troverete
sul forum di Black Bass & Co e precisamente qui,
un’apposita discussione sull’argomento. Sarò
felice inoltre di rispondere per quanto possibile, a domande o dubbi
all’indirizzo mail: enniotezze2010AAA@AAAhotmail.it
(togli le A - antispam) Questo
è tutto….. per il momento. Spero infatti che quanto scritto, sia
servito a stimolare la vostra fantasia nel provare a realizzare altre
gracidanti tentazioni per i nostri pinnuti.
Ennio Tezze
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